Alfredo Signori: un acuto sentimento del tempo
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Nelle opere degli anni ’30-’40 si avvertono le suggestioni del gruppo milanese di Corrente (Birolli, Cassinari, Treccani, Guttuso, Badodi). Il giovane Signori predilige i ritratti e le nature morte, che accende di cromie ardite e suggestive. Egli sfugge alla plastica e monumentale retorica dominante nell’arte ufficiale dell’epoca attraverso l’utilizzo di gracili rappresentazioni formali e di richiami ironici, espressionisti, alla ritrattistica del ’400 cremonese e ferrarese.
Gli anni ’50 sono caratterizzati dai paesaggi: egli sa cogliere nella periferia cremonese rarefatte immagini di angoli solitari, muri fatiscenti a ricordo dei disastri della guerra, demolizioni in vista di una lenta e inevitabile ricostruzione. Anche gli ambienti naturali esercitano su di lui una forte attrattiva: i colori grigi e nebbiosi del paesaggio padano, il grande fiume, gli ampi spazi della campagna estesi a perdita d’occhio, nei quali non vi è traccia della presenza umana, sostituita da fragili sagome arboree, cascine metafisiche, argini e canali tracciati con rigide geometrie.
Le tematiche degli anni ’60-’70 segnano profondamente l’ispirazione di Signori, che risponde in modo personale ma con intensa partecipazione agli eventi che trasformano la società: gli uomini meccanizzati, la violenza, la tortura, il sottosviluppo, la guerra, il militarismo, la massificazione delle coscienze, il consumismo sono temi che Signori affronta con passione e coinvolgimento.
Negli anni ’80-’90 Signori ritorna prepotentemente a una nuova figurazione, nella quale i ritratti degli “ultimi”, oppure dei politici e degli intellettuali del suo tempo appaiono trasfigurati da un segno che si compone e si ricompone, la cui immagine si fa simultanea e raddoppiata. La gamma cromatica, utilizzata con sapiente maestria, assume grande rilievo.